Dal 10 maggio le Gallerie dell’Accademia di Venezia presentano il lavoro del grande artista americano Philip Guston

/

Dal 10 maggio 2017, le Gallerie dell’Accademia di Venezia presentano il lavoro del grande artista americano Philip Guston (1913-1980) grazie a un’importante mostra che ne indaghera? l’opera attraverso un’interpretazione critico- letteraria

Intitolata “Philip Guston and The Poets”, la mostra propone una riflessione sulle modalita? con cui l’artista entrava in relazione con le fonti di ispirazione, prendendo in esame cinque poeti fondamentali del XX secolo, che fecero da catalizzatori per gli enigmatici dipinti e visioni di Guston. Cinquant’anni della carriera artistica di Guston vengono ripercorsi esponendo 50 dipinti considerati tra i suoi capolavori e 25 fondamentali disegni che datano dal 1930 fino al 1980, ultimo anno di vita dell’artista. Si tracciano quindi paralleli tra i temi umanistici, riflessi in queste opere e il linguaggio di cinque poeti: D.H Lawrence (Gran Bretagna, 1885 – 1930), W.B. Yeats (Irlanda, 1865 – 1939), Wallace Stevens (Stati Uniti, 1879 – 1955), Eugenio Montale (Italia, 1896 – 1981) e T.S Eliot (Gran Bretagna, americano di nascita, 1888 – 1965).

La mostra “Philip Guston and The Poets”, aperta sino al 3 settembre, e? curata da Kosme de Baran?ano ed e? organizzata dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia in collaborazione con l’Estate of Philip

Guston. Gli allestimenti della mostra sono curati dallo studio Grisdainese di Padova.

La mostra e? una “prima” di Philip Guston nella citta? che ha esercitato una profonda influenza sulla sua opera ed e? al tempo stesso un omaggio alla relazione dell’artista con l’Italia. Sin da giovane, nel realizzare murales guardava agli affreschi rinascimentali come ispirazione e di fatto questo suo amore per la pittura italiana rimase come Leitmotiv di tutta la sua carriera.

In una lettera del 1975 indirizzata all’amico Bill Berkson, importante poeta, critico e docente, Guston affermava: “Sono piu? che mai immerso nella pittura del Quattrocento e del Cinquecento! E quando vado verso nord, a Venezia, davanti a Tiepolo, Tintoretto e alle cosiddette opere manieriste di Pontormo e Parmigianino perdo la testa e tradisco i miei primi amori.”

Paola Marini, direttrice delle Gallerie dell’Accademia afferma: “Siamo felici di presentare la prima mostra a Venezia su Philip Guston. ll ritorno dell’artista nella nostra citta? e? particolarmente pertinente, visto che proprio qui si immerse in una storia e in un patrimonio importanti per il suo successivo sviluppo artistico. Dai suoi stessi scritti del periodo italiano sappiamo che i dipinti che ammiro? nelle sale dell’Accademia hanno esercitato un’enorme influenza sulla sua visione artistica. Contestualizzare l’opera di Guston, incoraggiarne gli studi e una nuova interpretazione e? per noi un vero piacere”.

Musa Mayer, figlia dell’artista e Presidente della Fondazione Philip Guston, ricorda: “In occasione dell’esposizione di Guston al Padiglione degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia del 1960, mio padre porto? mia madre e me in Italia prima della mia partenza per il college. Venezia e le Gallerie dell’Accademia furono la nostra primissima tappa. Piu? di mezzo secolo dopo, ho ancora forte il ricordo del suo amore per i grandi capolavori dell’arte italiana. Mio padre sarebbe profondamente commosso e onorato per questa meravigliosa opportunita? di esporre i suoi lavori nella galleria di pittura che egli tanto amava”.

“L’amore di Guston per l’Italia aggiunge alla sua pittura una complessa e ricca profondita? di tessitura” ha scritto il curatore Kosme de Baran?ano. “Ora, quando guardiamo la sua arte attraverso gli occhi e la prosa dei letterati che gli erano affini – attorno ad alcuni dei quali gravito? molto e dai quali attinse nel corso della sua vita, altri invece che lesse saltuariamente – possiamo studiare come le loro parole condividano affinita? con la complessita? degli ultimi lavori di Guston”.

La mostra

Per quanto riguarda la relazione con gli scritti di Yeats, il viaggio di Guston alla ricerca di una visione personale della pittura avviene in particolare attraverso il poema “Byzantium” del 1930. Come in Yeats anche nell’evoluzione artistica di Guston sono presenti riferimenti all’agonia e alla purificazione. L’artista si allontana dai confini rarefatti del modernismo, dal linguaggio dell’astrazione e dai canoni della New York School per andare verso una nuova struttura pittorica piu? espressiva, che egli rintraccia nella figurazione.La mostra

“Philip Guston and The Poets” e? organizzata per nuclei tematici di opere messe in relazione con una selezione di scritti e di poesie dei cinque poeti. Iniziando da D.H. Lawrence, con il suo saggio del 1929 “Making Pictures”, la pittura di Guston sara? presentata da un’esplorazione del suo mondo di immagini, che si muove dalla riflessione sull’atto creativo a quello sulle possibilita? contenute nella pittura. Con opere che appartengono sia al suo lavoro giovanile che a quello piu? maturo, la mostra si addentra nel percorso intimo di Philip Guston verso una “consapevolezza visionaria”, cioe? il rapporto, sempre in evoluzione, con forme, immagini, idee, e la loro manifestazione fisica.

Dall’italiano Eugenio Montale, con cui Guston condivide una poetica del frammento che si esprime attraverso simboli tragici e potenti, per arrivare a Wallace Stevens e T.S. Eliot (cui Guston fa esplicito riferimento nel dipinto del 1979 “East Coker – T.S.E.”), l’esposizione offre una ricognizione letteraria della metafisica, degli enigmi e della ricerca di significato cosi? come essi appaiono nel lavoro di Guston. Il lavoro di Guston viene presentato in relazione all’ambiente poetico, invece che in una sequenza cronologica o di tendenze, come invece accade nelle rassegne piu? tradizionali. L’approccio curatoriale di “Philip Guston and The Poets” consente dunque una rilettura, e una riconsiderazione per certi versi inedita, del suo lavoro.

L’enorme influenza che l’Italia ha avuto su Guston e sulla sua pittura sara? messa in rilievo grazie all’allestimento concepito per le Gallerie dell’Accademia. Nel 1948, un giovane Guston visito? l’Italia per la prima volta, dopo aver ricevuto il Prix de Rome. Vi ritorno? ancora nel 1960, allorche? il suo lavoro venne esposto alla Biennale di Venezia, e ancora nel 1970 per una residenza d’artista a Roma. Questo ulteriore viaggio italiano avvenne in seguito all’ondata di critiche sollevatesi attorno alla sua prima mostra di pittura figurativa a New York. Le tele piu? esistenzialiste di Guston, ritenute da alcuni “crude” e da “cartoon”, sono permeate dall’influenza della tradizione culturale e artistica italiana: dalle vedute urbane antiche e moderne che popolano la sua serie dedicata a Roma, passando per i riferimenti ai film di Federico Fellini. Il lavoro dell’artista mostra un grandissimo debito verso i grandi maestri italiani: Masaccio, Piero della Francesca, Giotto, Tiepolo, e De Chirico, al quale riserva un omaggio in “Pantheon” del 1973. E, ancora, saranno esposti dipinti ispirati al Rinascimento, lavori che alludono a Cosme? Tura e a Giovanni Bellini, e opere realizzate da Guston durante i suoi viaggi.

Philip Guston

Philip Guston (1913 – 1980) e? uno dei grandi luminari dell’arte del XX secolo. Il suo impegno nel produrre opere che nascono da emozioni e da esperienze vissute sviluppa un coinvolgimento emotivo che rimane vivo nel tempo. La leggendaria carriera di Guston copre

circa mezzo secolo, dal 1930 al 1980 e i suoi dipinti, soprattutto quelli dell’ultimo periodo, continuano a esercitare una potente influenza sulle giovani generazioni di pittori contemporanei.

Nato a Montreal nel 1913 da una famiglia di ebrei russi emigrati, Guston si sposto? in California nel 1919 con la famiglia. Frequento? per breve tempo l’Otis Art Institute di Los Angeles nel 1930, ma al di fuori di questa esperienza non ricevette mai una vera e propria educazione formale. Nel 1935 Guston lascio? Los Angeles per New York, dove ottenne i primi successi con la Works Progress Administration che commissionava murales agli artisti nell’ambito del Federal Arts Project. Insieme alla forte influenza esercitata su Guston dall’ambiente sociale e politico degli anni Trenta, i suoi dipinti e murales evocano forme stilizzate di De Chirico e Picasso, motivi provenienti dalla trazione dei murales messicani e dagli affreschi delle dimore storiche del Rinascimento. L’esperienza di pittore di murales permise a Guston di sviluppare il senso della narrazione su ampia scala cui sarebbe ritornato nei suoi ultimi lavori figurativi.

Dopo aver insegnato per diversi anni nel Midwest, Guston inizio? a dividersi tra la colonia di artisti di Woodstock e New York City. Alla fine degli anni Quaranta, dopo un decennio di sperimentazioni di un linguaggio allegorico personale e figurativo per suoi dipinti a cavalletto, Guston inizio? a virare verso l’astrazione. Il suo studio sulla Decima strada era vicino a quelli di Pollock, De Kooning, Kline e Rothko.

Le opere astratte di Guston erano ora ancorate ad una nuova spontaneita? e liberta?, un processo che il critico Harold Rosenberg piu? tardi descrisse come “action painting”. All’inizio degli anni Cinquanta le astrazioni atmosferiche di Guston hanno spinto a paragoni superficiali con Monet, ma il passare del decennio, l’artista lavorava con impasti piu? densi e colori minacciosi, che dettero il via ai grigi, rosa e neri.

Nel 1955 si avvicino? alla Sidney Janis Gallery insieme ad altri artisti della scuola di New York, e fu tra quelli che la lasciarono nel 1962 in protesta con la mostra sulla Pop Art che Janis aveva allestito, e contro il cambiamento a favore della commercializzazione dell’arte che questa mostra per loro rappresentava. In seguito ad un’importante retrospettiva al Solomon R. Guggenheim Museum di New York nel 1962, Guston si divenne insofferente verso un linguaggio di pura astrazione e ricomincio? a sperimentare utilizzando forme piu? tangibili. Il lavoro dei molti anni seguenti fu quindi caratterizzato dall’uso del nero e dall’introduzione di verdi brillanti e blu cobalto – complessivamente disturbanti, angoscianti e gestuali. Questo lavoro piu? cupo fu influenzato dagli scritti e dalla filosofia europea, in particolare dalle opere di Kierkegaard, Kafka e Sartre. A questo punto, Guston si ritiro? dalla scena artistica di New York per vivere e lavorare a Woodstock per tutto il resto della sua vita.

Entro il 1968, Guston aveva abbandonato l’astrazione, riscoprendo cosi? le potenzialita? narrative della pittura ed esplorando, all’interno del suo lavoro, motivi surreali e combinazioni di oggetti. Questa “liberazione” porto? al periodo piu? produttivo di tutta la sua vita creativa. Nei pochi anni successivi, sviluppo? un lessico personale fatto di lampadine, libri, orologi, citta?, sigarette, scarpe abbandonate e figure incappucciate del Ku Klux Klan. La sua espressivita? pittorica degli anni Settanta era spesso un aperto riferimento autobiografico alla natura: vi ricorreva sovente la figura dell’artista mascherata da un cappuccio, o teneri ritratti della moglie Musa, o ancora un Guston semi astratto avvolto in un bozzolo. L’opera tarda rivela anche echi dei primi anni della vita di Guston, delle persecuzioni religiose e razziali di cui fu testimone, e del suicidio del padre. I suoi ultimi lavori possiedono una crescente liberta?, unica tra gli artisti della sua generazione. Alla meta? degli anni Settanta comparvero strane forme iconiche mai viste in precedenza. “Se parlo di un soggetto da dipingere, intendo che c’e? un posto dimenticato di esseri e cose, che io devo ricordare”, Guston scriveva in un appunto di studio. “Voglio vedere questo luogo. Dipingo quello che voglio vedere”.

L’opera tarda di Guston non fu facilmente accettata dalla critica e rimase ampiamente incompresa fino alla sua morte avvenuta nel 1980. Il suo lavoro ando? incontro ad una radicale riconsiderazione in seguito ad una retrospettiva itinerante al Museum of Modern Art di San Francisco che apri? tre settimane prima della sua morte. Negli anni a seguire furono realizzate altre retrospettive e monografiche negli Stati Uniti, in Europa e Australia. Oggi, gli ultimi dipinti di Guston sono considerati tra le opere piu? importanti del XX secolo.