Il 2025 passerà alla storia come l’anno dei record per l’oro. Il metallo prezioso ha infranto una serie di massimi storici, con quotazioni che hanno superato i 3.600 dollari l’oncia nel corso dell’anno, un incremento di oltre il 50% rispetto ai livelli di inizio 2025 e più del doppio rispetto ai minimi del 2022. Dopo aver sfondato la barriera psicologica dei 2.000 dollari nel 2023, l’oro ha accelerato la sua corsa nei primi mesi del 2025, raggiungendo e superando i 2.700 dollari, per poi continuare il rally fino ai livelli attuali che oscillano tra i 3.600 e i 3.700 dollari l’oncia.
Un’ascesa che ha sorpreso anche gli analisti più ottimisti. Per comprendere l’entità di questo fenomeno, basta guardare ai dati storici: solo dieci anni fa l’oro quotava intorno ai 1.200 dollari, vent’anni fa si aggirava sui 400 dollari. Nel 2024 il metallo giallo ha toccato circa 40 massimi storici consecutivi, segnando un +27% annuo, una performance paragonabile solo ai periodi di grande crisi economica come il 2008-2010. Dai minimi del 2022, quando aveva toccato 1.620 dollari durante la fase di rialzo aggressivo dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, l’oro ha più che raddoppiato il proprio valore.
Le motivazioni di questo rally sono molteplici e convergenti. In primo luogo, l’incertezza geopolitica rappresenta il catalizzatore principale: la guerra in Ucraina, le tensioni in Medio Oriente, le frizioni tra Stati Uniti e Cina spingono investitori istituzionali e banche centrali a diversificare le riserve aumentando drasticamente l’allocazione in oro fisico. Le banche centrali dei mercati emergenti – in particolare Cina, India, Turchia e Russia – hanno accelerato gli acquisti di oro per ridurre la dipendenza dal dollaro. Nel 2023-2024 questi acquisti hanno raggiunto livelli record pluridecennali, creando una domanda strutturale robusta che sostiene i prezzi. Per chi desidera approfondire queste dinamiche e comprendere come operare sui mercati delle materie prime, una guida per fare trading online può fornire gli strumenti essenziali per muoversi consapevolmente in questo settore.
I fattori economici che alimentano il rally dell’oro
Oltre alle ragioni geopolitiche, l’inflazione gioca un ruolo determinante. Sebbene scesa dai picchi del 2022, l’inflazione resta superiore agli obiettivi delle banche centrali in molte economie avanzate, erodendo il potere d’acquisto delle valute fiat. L’oro, tradizionalmente considerato protezione contro l’erosione monetaria, tende a mantenere il potere d’acquisto reale quando le valute perdono valore. Storicamente, su orizzonti lunghi, un’oncia d’oro ha sempre comprato approssimativamente lo stesso paniere di beni, mentre il valore delle banconote si è progressivamente ridotto per effetto inflazionistico.
Un altro fattore cruciale riguarda le aspettative sui tassi di interesse. Dopo una fase di rialzi aggressivi nel 2022-2023 per combattere l’inflazione, le principali banche centrali hanno iniziato a invertire rotta nel 2024, con la Federal Reserve che ha avviato un ciclo di tagli dei tassi. Quando i tassi scendono, il costo opportunità di detenere oro – che non paga interessi a differenza di obbligazioni o depositi – si riduce drasticamente, aumentandone l’attrattività relativa. Banche d’investimento come Goldman Sachs e UBS hanno alzato le loro previsioni per fine 2025, indicando target tra 3.800 e 3.900 dollari l’oncia, proprio in virtù dell’atteso proseguimento della politica monetaria accomodante.
Il dollaro debole ha ulteriormente amplificato il rally. Con l’oro quotato in dollari sui mercati internazionali, un deprezzamento del biglietto verde rende il metallo più economico per gli investitori che operano in altre valute, stimolando la domanda globale. La correlazione negativa tra oro e dollaro è rimasta elevata durante tutto il 2025, con il metallo che ha beneficiato delle fasi di debolezza della valuta americana. Inoltre, le politiche fiscali espansive annunciate negli Stati Uniti hanno alimentato timori di inflazione persistente, spingendo ulteriormente verso il bene rifugio per eccellenza.
Il ruolo dell’oro nel portafoglio: diversificazione e protezione
Nonostante i prezzi record, l’oro mantiene la sua funzione strategica all’interno di un portafoglio diversificato. Secondo gli esperti di asset allocation di Meteofinanza.com i metalli preziosi dovrebbero rappresentare tra il 5% e il 15% del patrimonio investito, a seconda del profilo di rischio. Questa allocazione è sufficiente per fornire benefici di diversificazione e protezione, senza sovraesporre il portafoglio a un asset che non genera reddito ma la cui performance dipende principalmente dall’apprezzamento del prezzo.
Per un profilo conservativo – anziani, bassa tolleranza al rischio, necessità di preservare il capitale – l’allocazione consigliata è tipicamente tra l’8% e il 12% in oro. Questa percentuale offre protezione robusta contro inflazione e crisi senza eccessiva esposizione alla volatilità. L’oro qui funziona principalmente come polizza assicurativa e stabilizzatore del portafoglio. Per un profilo bilanciato – età media, tolleranza moderata al rischio, orizzonte medio-lungo termine – l’allocazione può essere tra il 5% e il 10%, di cui circa 70-80% oro e 20-30% argento. Quest’ultimo, più volatile ma con maggiore potenziale per via della sua duplice natura di metallo prezioso e industriale, può amplificare i guadagni nelle fasi di rally.
Anche per un profilo aggressivo – giovani, alta tolleranza al rischio, orizzonte lungo – l’allocazione ai metalli preziosi mantiene senso per diversificazione: anche solo il 3-5% in oro offre protezione in scenari di crisi che colpirebbero duramente un portafoglio molto esposto alle azioni. Gli strumenti per investire sono molteplici: l’oro fisico (monete, lingotti) offre proprietà tangibile ed elimina il rischio controparte, ma comporta costi di acquisto, custodia e illiquidità. Gli ETF su oro fisico – come SPDR Gold Shares o iShares Gold Trust – rappresentano la soluzione ottimale per la maggior parte degli investitori, offrendo liquidità istantanea, costi bassissimi (0,15-0,40% annuo) e perfetta frazionabilità.
La domanda cruciale che molti risparmiatori si pongono è: vale la pena entrare ora con l’oro ai massimi storici? Dal punto di vista del market timing puro, comprare ai record è psicologicamente difficile e statisticamente rischioso: i massimi precedono spesso correzioni tecniche del 10-15%. Tuttavia, dal punto di vista dell’allocazione strategica di portafoglio, se il proprio patrimonio non ha alcuna esposizione a metalli preziosi, aggiungere un’allocazione del 5-10% ha senso indipendentemente dal prezzo attuale, perché la funzione dell’oro è protezione e diversificazione, non speculazione. Una strategia prudente per chi vuole entrare ora è l’accumulo graduale: distribuire gli acquisti in 6-12 mesi attraverso investimenti periodici regolari (dollar-cost averaging), mediando il prezzo di carico e riducendo il rischio di entrare esattamente al picco. Con i fattori di supporto – incertezza geopolitica, inflazione, debolezza valutaria, acquisti delle banche centrali – che restano solidi, il 2025 conferma l’oro come protagonista assoluto dei mercati finanziari.

